Il grande astronomo Claudio Tolomeo appartiene alla scuola di Euclide alla quale reca specifici contributi di ricerca, sia sperimentale che teorica. Egli, sostituendo come base della prospettiva una piramide al cono, sostiene che l'occhio avverte la direzione e la lunghezza dei raggi emessi e studia la questione del giudizio sulla grandezza degli oggetti osservati, combinando la lunghezza della piramide prospettica con la grandezza della sua base. Di particolare rilievo sono i risultati sperimentali sul rapporto tra gli angoli di incidenza e quelli di rifrazione, una delle prime tappe verso la definizione della legge della rifrazione.
Con uno strumento costituito da un cerchio graduato munito al centro di due indici per facilitare la misurazione degli angoli di incidenza i e di rifrazione r, Tolomeo ricava una serie di misure nei mezzi aria-acqua, aria-vetro, acquavetro. Nel caso del passaggio della luce da un mezzo più denso a uno meno denso stabilisce il valore dell'angolo limite per l'acqua. Per gli angoli di incidenza e di rifrazione egli individua una relazione che associa a un valore dato di i, il rapporto i/r. Questa assunzione verrà da molti intesa come una legge del tipo i/r = costante, risultato questo che, per piccoli valori di i, e in buon accordo con la legge della rifrazione.
Ma più esattamente la relazione che Tolomeo stabilisce tra i e r è di tipo parabolico: ciò si può desumere dalla costanza delle differenze seconde riportate nelle sue tabelle.
Si può supporre che una volta riscontrata la coincidenza dei primi risultati sperimentali con i punti di una parabola Tolomeo abbia ricavato geometricamente i successivi valori senza realmente eseguire le misure. In ogni modo, rispetto alla relazione lineare tra angoli di incidenza e di rifrazione, largamente usata nel seguito anche da Keplero, la relazione parabolica di Tolomeo approssima meglio la legge di rifrazione .
L'ipotesi emissionista sostenuta da Tolomeo fa sì che nella lettura
dei brani le definizioni di angoli dí incidenza e
rifrazione siano invertite rispetto all'uso corrente. Da rilevare anche il
brano finale in cui Tolomeo allude a un'interpretazione unitaria della legge di
riflessione e di rifrazione tramite un principio metodologico più generale, il
«principio di minimo». Purtroppo lo sviluppo di questa argomentazione,
risalente originariamente ad Aristotele, è andato perso.
La misura della flessione che avviene in acqua e che può
essere osservata, è determinabile con un esperimento (cfr.
fig. 1) simile a quello che abbiamo condotto con
l'aiuto del disco di rame, per studiare le leggi degli specchi: su di esso si
descriva un cerchio ABGD con centro in E e i due
diametri AEG e BED che si intersecano ad angoli retti; si divida ogni quadrante
in 90 parti uguali e si ponga nel centro un piccolo indice colorato. Posto il disco in posizione verticale in un piccolo
recipiente, si versi in esso acqua limpida in quantità
moderata e penetrabile allo sguardo Facciamo si che la superficie del disco sia
perpendicolare alla superficie dell'acqua e che metà del cerchio, cioè BGD, si
trovi interamente sotto l'acqua con il diametro AEG perpendicolare alla
superficie dell'acqua.
Ora si prenda un arco AZ [misurato a partire] dal punto A in uno dei due quadranti del disco che si trovano al di
sopra dell'acqua e si ponga anche su Z un piccolo indice colorato. Guardiamo
con un occhio fino a che i due indici in Z e in E compaiono allineati sul
raggio che procede dall'occhio e spostiamo una sottile assicella lungo l'arco
che si trova sul quadrante opposto immerso in acqua, cioè GD, fino a che
l'estremità dell'assicella appaia dalla parte opposta rispetto ai due indici.
Ora, se misuriamo l'arco tra il punto G e il punto [H], rispetto al quale
[l'assicella] appare in linea retta, troveremo che
questo arco GH sarà sempre minore all'arco AZ e se congiungiamo ZE ed EH,
l'angolo AEZ sarà maggiore dell'angolo GEH; ma questo accade solo se c'è
deviazione, cioè se il raggio ZE devia verso H, a seconda della quantità in
base a cui uno dei due angoli opposti differisce dall'altro. Se ora poniamo
l'occhio sopra la perpendicolare AE, il raggio visuale non sarà deviato ma cadrà in G opposto [ad A] e sulla linearetta [AE].
In tutte le altre posizioni tuttavia al crescere dell'arco
AZ, GH crescerà e sarà anche maggiore la deviazione del raggio [rispetto al
prolungamento del raggio incidente] (cfr. tab. 1).
Tabella 1.
Misura dell'arco Misura dell'arco
AZ in gradi GH
in gradi
angoli di incidenza angoli di incidenza
X VIII
XX XV
e mezzo
XXX XXII e mezzo
XL XXIX
L XXXV
LX XL
e mezzo
LXX XLV e mezzo
LXXX L
Così abbiamo scoperto le quantità di deviazione che
avvengono in acqua ma non abbiamo trovato una
differenza sensibile con acqua di diversa densità.
Ora se noi conduciamo osservazioni dall'acqua di densità
naturale ad un mezzo più rarefatto, ci sarà una differenza considerevole
nell'aumento degli angoli e della quantità di flessione nel passaggio del
raggio dall'acqua più densa, a quella più rarefatta.
Ma poiché per noi è impossibile osservare in un esperimento
come quello che abbiamo appena descritto, il comportamento della deviazione che
si ha quando il raggio procede da un liquido più denso
ad uno più rarefatto, abbiamo adottato il metodo seguente per misurare gli
angoli.
Si abbia un semicilindro di
vetro puro, simile a metà del disco, definito
dall'arco TKL; il suo diametro sia minore di quello del disco di rame
sopramenzionato (cfr. fig.
2). Adattiamo la sua base al disco in modo che risulti tutta in contatto con esso, e il centro comune sia in E. Il diametro TL giaccia
sul diametro BD e AE sia perpendicolare alla parte piana della superficie di
vetro. Pertanto, tutte le linee tracciate da E agli archi BGD e TKL saranno
perpendicolari.
Ora, se conduciamo questo esperimento come abbiamo fatto
per quello precedente, poniamo un piccolo indice sulla superficie appena su E,
punto medio del lato del semicilindro, e guardiamo con un occhio lungo la linea
AE verso il bordo del vetro; [cosl facendo],
spostiamo un oggetto lungo l'arco opposto a quello da cui stiamo osservando
fino a che esso ci apparirà davanti. L'oggetto si troverà sopra il punto G,
perché la linea AEG è perpendicolare sia a TEL che a TKL.
E se cambiamo il nostro punto di vista in una posizione
[diametralmente opposta ad A] e guardiamo nella
direzione di GE, un oggetto spostato sulla circonferenza opposta del disco sarà
visto opposto a GE, in direzione di EA. Per la stessa ragione di prima non ci
sarà deviazione all'uscita dal vetro all'aria.
Ora, preso un arco misurato da A,
AZ, e tracciata la linea ZE, colorata di nero, guardiamo lungo di essa fino a
che un oggetto mosso dietro il vetro è visto in direzione della stessa linea.
Se segnamo con un altro indice quel punto H che
abbiamo trovato quando il colore nero [la linea ZE]
appariva continuo con EH, troveremo anche, in questo caso, che l'angolo AEZ è
maggiore dell'angolo GEH e per di più troveremo che l'eccesso di un angolo
sull'altro è maggiore che nel caso dell'acqua, a parità di distanza [per uno
stesso angolo di incidenza].
E ancora, quando l'occhio è sul punto H, che è opposto al
punto E e guardiamo da H in direzione di HE, entrambi
i punti [E e Z] appariranno sulla stessa identica
linea. Ma poiché il raggio subiva una deviazione nel punto [E], ne segue che, sia che esso procedesse dall'aria al vetro, come
faceva ZE, venendo deviato lungo EH, sia che procedesse dal vetro all'aria
venendo deviato lungo EZ, in entrambi i casi si aveva una deviazione in
direzione di T. E poiché le perpendicolari che sono
tirate da E all'arco TKL sono tutte simili, esse non sono deviate sia che [i
raggi che esse rappresentano] sono considerati entranti o uscenti da E.
Ora se in questo caso ancora, desideriamo trovare la
quantità di deviazione in ogni posizione, poniamo l'occhio successivamente in
ciascuna delle posizioni assunte nell'esperimento precedente, variando l'angolo
formato rispetto ad E (che contiene la perpendicolare e il raggio EZ). I
risultati sono i seguenti [... (cfr. tab. 2).
Tabella 2.
Misura dell'arco Misura dell'arco
AZ in gradi GH in gradi
angoli di incidenza
angoli di rifrazione
X
VII
XX
XIII e mezzo
XXX
XIX e mezzo
XL
XXV
L
XXX
LX
XXXIV e mezzo
LXX
XXXVIII e mezzo
LXXX XLII
Ma si trova che la quantità di
deviazione sarà minore quando il vetro è posto in prossimità dell'acqua poiché
la differenza delle deviazioni [la differenza tra gli angoli di incidenza e di
rifrazione], nel passaggio di un raggio visuale da uno di questi corpi
all'altro non è grande; infatti la differenza di
densità tra acqua e vetro è minore di quella tra l'aria e l'acqua o tra l'aria
e il vetro. Ma noi siamo in grado anche in
questo caso di determinare la quantità di deviazione, come ora spiegheremo:
adattiamo un semicilindro di vetro al disco di rame e sistemiamolo in modo tale
che conservi la posizione in cui il centro [del bordo piano] coincida con
quello del disco (cfr. fig.
3). Coloriamo di nuovo il punto E e poniamo
verticalmente il disco di rame in un recipiente, ad angoli retti rispetto alla
superficie dell'acqua e per metà sotto l'acqua, trovandosi la parte ricurva del
vetro, TKL, nella zona superiore. Versiamo nel recipiente una quantità d'acqua
in modo che il bordo TEL si trovi appena sopra la superficie dell'acqua.
Ora si prenda l'arco GH nel mezzo meno denso, cioè
nell'acqua, contenente, diciamo, 10°. Segnamo H con
un piccolo indice colorato e guardiamolo con un occhio finché un oggetto Z, che
si stia muovendo sull'arco AB, sia visto lungo la
direzione del punto H e del punto colorato E. Fatto ciò, tiriamo le due linee
EH ed EZ. Se allora desideriamo misurare sull'arco AB l'angolo che si trova nel
mezzo più denso, cioè nel vetro, quando l'angolo nell'acqua, misurato dalla
perpendicolare, cioè l'angolo GEH varia, troveremo i risultati seguenti [ . . . ] (cfr. tab.
3).
Tabella 3
Misura dell'arco Misura
dell'arco
GH in gradi AZ in gradi
angoli di incidenza angoli di rifrazione
X XIX e
mezzo
XX XXIII e
mezzo
XXX XXVII
XL XXXV
L XLII e
mezzo
LX XLIX e
mezzo
LXX LVI
LXXX LXII