L'EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI ENERGIA IN FISICA

Fabio Bevilacqua

Dipartimento di Fisica "A. Volta"

Università di Pavia

 

Cap.1 Il mito del perpetuum mobile

L'IDEA Dl CONSERVAZIONE E LE ORIGINI DELLA

SCIENZA OCCIDENTALE

L'evoluzione del concetto di energia è la storia dei tentativi di considerare l'invarianza

come chiave per capire il cambiamento. La possibilità di comprendere il cambiamento viene

quindi attribuita a ciò che durante il cambiamento stesso rimane invariato. Il concetto d'energia

incarnerà così, in maniera eminente, il tipo d'intellegibilità che il filosofo francese delle scienze,

Emile Meyerson, descrive come costituente l'obiettivo stesso dell'impresa scientifica: la

riduzione del diverso ad un'identità più fondamentale, del cambiamento ad una permanenza

profonda. Ancora oggi, nota Prigogine, è sul terreno dell'interpretazione del concetto di

energia che si decide l'esito di quelle stesse antiche domande sui valori relativi della

permanenza e del divenire.

E' la stessa scienza occidentale in realtà che nasce "dalla scoperta dell'identità nel

mezzo della diversità". Invero l'idea che dietro il mondo mutevole che percepiamo c'e un

ordine immutabile che non percepiamo immediatamente, che tutti i cambiamenti apparenti non

sono che il ridisporsi in accordo a regole stabilite di elementi permanenti, segna l'inizio di una

visione scientifica del mondo, in opposizione ad una visione soprannaturale, dove magia,

animismo e capriccio avevano il sopravvento. In accordo a quest'ultimo punto di vista, tutto

può accadere. Ogni cosa può essere trasformata in un'altra: uomini in animali, piombo in

oro...e, secondo antichi racconti, questi eventi capitavano comunemente nel passato. Ora la

scienza moderna non ammette queste trasformazioni magiche, richiede un processo basato su

regole ben definite, limita le possibilità e pertanto definisce un dominio di impossibilità.

Il primo cospicuo e ancor oggi fertile frutto di questa ricerca scientifica degli

"invarianti" della natura fu la dottrina dell'indistruttibilità della materia, in particolare di quegli

importanti elementi chiamati atomi. Fin dai tempi di Democrito (quinto secolo a.C.) datano

due espressioni che saranno fondamentali per la nostra storia:"niente viene dal niente e niente

può diventare niente"; Epicuro aggiungerà: "altrimenti tutto può venire fuori da tutto", e

ritorneremmo così in una concezione soprannaturale.

Con Epicuro l'idea di conservazione era entrata prepotentemente nel patrimonio

filosofico:

Ed ora, secondo queste norme, dobbiamo procedere a considerare le verità che non cadono sotto

i sensi. Ed anzitutto, che nulla s'origina dal nulla; perché ogni cosa nascerebbe da qualsiasi cosa,

senza bisogno di alcun seme generatore. E se ciò che dispare si dissolvesse nel nulla, tutte le cose

sarebbero ormai perite, perché, nelle singole dissoluzioni si sarebbe ridotta al nulla la materia che le

costituiva....

Gli atomi poi, sono in continuo moto sempre (e gli uni cadono perpendicolarmente, gli altri

declinano spontaneamente dal moto retto, gli altri rimbalzano per l'urto; di questi poi gli uni nel loro

moto) divergono lontani fra loro, gli altri trattengono questo stesso rimbalzo, quando siano respinti

dagli atomi che ad essi s'intrecciano, o quando sono contenuti da altri atomi fra loro intrecciati. E

questo avviene, perché il vuoto che separa gli atomi gli uni dagli altri, non può, per la sua propria

natura, opporre ostacolo alla loro caduta: e d'altra parte la loro insita solidità e durezza fa che urtati

rimbalzino, finché l'intreccio atomico non li respinge indietro dal rimbalzo. Questi moti poi

avvengono ab aeterno, perché eterni sono gli atomi ed il vuoto. (Epistola ad Erodoto)

Lucrezio, il cantore latino dell'atomismo greco, dedica alcuni versi memorabili del

primo libro del De Rerum Natura a questa fondamentale concezione:

Nulla si crea dal nulla

Viene da ciò la paura che opprime gli uomini tutti: scorgono in cielo ed in

terra prodursi vari fenomeni, fatti dei quali non possono scorgere punto le

cause, e che riportano, quindi, alla potenza d'un dio. Ma se tocchiamo con mano

che non può nascere nulla dal nulla, allora più chiaramente sapremo

comprendere quello che andiamo indagando: donde ogni cosa si generi, e come

ognuna si generi, senza che adoperi un dio.

Venga dal nulla potrebbe originarsi ogni specie da tutte le altre, nessuna

abbisognerebbe d'un seme proprio. Potrebbero nascere dal mare gli uomini, i

pesci squamosi uscir dalla terra, balzar dal cielo gli uccelli. Mandrie, animali

domestici ed ogni sorta di belve, nascendo a caso, vivrebbero nei luoghi incolti e

nei colti; porterebbe ogni pianta sempre i medesimi frutti, bensì diversi, e

produrli tutti potrebbero tutte.

Se non vi fosse per ogni singola specie il suo germe, come si avrebbe

un'origine certa e distinta per gli esseri? Ma perché viene ciascuno d'essi da un

germe specifico si forman là, di là balzano fuori alla luce del giorno dove son

insiti gli atomi loro e la loro materia; può ciascuno prodursi da ciascun seme,

per questo che in ogni cosa v'è insito uno speciale potere.

Perché vedremmo prodursi di primavera la rosa, d'estate il grano, ed i

grappoli quando li molce l'autunno, se non perché confluendo, al tempo giusto,

certi atomi, erompe quanto si crea, mentre le acconce stagioni durano, e mette

alla luce i delicati germogli, senza che corra pericolo, gonfia di vita, la terra?

Mentre, se nascon dal nulla, germoglierebbero a caso, qua, là, d'un tratto ed

in epoche, anche, inadatte dell'anno, non esistendo alcun atomo che il clima

avverso tenere dal fecondante connubio potrebbe a forza lontano.

ci vorrebbe, d'altronde, posto che nascan dal nulla tempo, onde crescano

gli esseri, all'aggregarsi degli atomi, ma in un solo punto i bambini

diventerebbero adulti, e salirebbero, appena spuntati, gli alberi al cielo.

Ciò non avviene ma a poco a poco crescono gli esseri tutti, da un germe

specifico, e nella crescita serbano inalterata la specie: se ne deduce che crescono

e si alimentano di una propria materia. senza le periodiche piogge potrebbe

il suolo dischiudere i rigogliosi germogli: né, per il loro organismo, prive di

cibo, potrebbero le creature animate perpetuare la specie e conservare la vita.

Non pensar dunque che senza i primordiali elementi qualcosa possa

sussistere: pensa piuttosto, che, come le lettere alle parole, a molti corpi comuni

sono molteplici semi. E poi, perché la natura non può crear dei giganti tali che

guadino il mare e con le mani divellano le cime ai monti, e vivendo varchino i

secoli interi, se non per essere data al divenir delle cose la quantità di materia

che ne determina il limite? Va confessato, pertanto, che non può nascere nulla

dal nulla, quando alle singole cose necessita un seme donde ciascuna si crei, e

possa uscire alle miti auree dell'aria Ed infine, poiché val più coltivato che non

incolto il terreno, e reca, a chi lo lavora migliori frutti, è da credere vi sian nel

suolo dei germi che dirompendo le fertili zolle, e volgendo col vomero la

superficie della terra noi sprigioniamo alla vita: perché, se no, senza alcuna

nostra fatica, spontaneamente vedremmo sbocciare più rigogliosi i germogli.

Nulla si distrugge

I corpi tutti ne' suoi atomi poi la

natura se li dissolve di nuovo, non ne distrugge nessuno. Perché se fosse, una

cosa, mortale in tutto e per tutto, ci sparirebbe, morendo, subitamente dagli

occhi: a disgregarne le parti ed a dissolverne i nessi non ci vorrebbe l'azione

d'alcuna forza. Ed invece, essendo eterni i principi onde si formano gli esseri,

fino a che manchi la forza che a furia d'urti li sgretoli, o pei meati vi penetri

dentro; e così li disgreghi, non può soffrir la natura che alcuno mai ne perisca.

E se annientando totalmente la loro materia distrugge il tempo le cose che fa

sparir per vecchiaia donde alla luce del sole potrebbe riportar Venere le varie

specie animali, e, riportate, nutrirle ed allevarle la fertile terra porgendo a

ciascuna, specie per specie, il suo cibo?

Donde le fresche sorgive ristorerebbero il mare e i fiumi che si dilungan di

tanto? L'etere donde potrebbe pascere gli astri? Tutto, quant'è di mortale

materia, il tempo infinito ormai trascorso, i millenni, dovrebbe averlo distrutto.

Ma se per tutto quel tempo, per tante età son durati, sono i principi che formano

questo universo, di certo, d'una immortale natura.

Non può perciò convertirsi cosa nessuna nel nulla.

Sarebbe, infine, la forza stessa la causa che estingue comunemente le cose,

se la materia immortale non resistesse, qui meno, lì più legata ne' suoi nessi, in

se stessa; e il contatto sarebbe causa di morte: ché, non constando le cose

d'atomi non perituri, spezzar dovrebbe ogni minima forza la loro compagine.

Ma perché, invece, è dissimile la coesione degli atomi e la materia immortale,

restano intatte le cose nella struttura, fin che una forza non le urti

bastantemente, adeguata alla testura di ognuna. Non dunque tornano al nulla le

cose, ma, disgregandosi, tutte ritornano ad atomi della materia. Rovescia etere,

il padre, alla madre terra la pioggia nel grembo: essa scompare, ma s'alzano

lussureggianti le messi, e rinverdiscono agli alberi i rami, gli alberi crescono e

si fan gravi di frutti. Di qui si nutre l'umano genere e il genere delle fiere: di qui

le città fioriscono liete di bimbi, e le frondifere selve cantan, coi nuovi uccelletti,

in ogni parte un sol canto: di qui spossati dal loro peso, si sdraian gli armenti

nei lieti pascoli, e dalle poppe rigonfie distilla l'umor del candido latte, di qui

per entro le tenere erbe, con membra malferme, lascivi ruzzano i redi inebriati

di puro latte la mente novella.

Non ciò che sembra perire, dunque, perisce del tutto, perché rifa' la natura

cosa da cosa, e non vuole ch'una ne nasca, se un'altra non la soccorra morendo.

La conservazione non era attribuita solo alla materia. Di fondamentale importanza per

noi è che gli atomisti attribuivano eternità anche ai moti dei loro atomi, sebbene ovviamente

non a ciascun moto individualmente. Anche il moto dunque fu concepito come qualcosa che

potesse essere indefinitamente redistribuito, ma mai completamente annullato. Tutti i fenomeni

dell'universo consistevano di redistribuzioni di materia-movimento. Una concezione che

arriverà fino a Maxwell (Vedi Matter and Motion). Citiamo ancora Lucrezio:

Creazione continua

E non mai fu più compatta di adesso, con più grandi intervalli la massa

della materia, ché nulla in essa si accresce, nulla si scema in natura.

Quindi quel moto medesimo che hanno ora, gli atomi semplici l'ebbero già

per l' addietro, negli evi scorsi, e in futuro sempre saranno aggirati nella

medesima guisa, e quanto è solito nascere rinascerà con l'identica sorte, e sarà,

crescerà, avrà rigoglio pel tempo che ad ogni cosa è per legge della natura

assegnato.

forza alcuna potrebbe alterar mai l'universo ché non v'è luogo né dove

possa ritrarsi una parte della materia dal cosmo, donde sorgere e irrompere

possa nel cosmo una forza nuova, e mutarne l'essenza tutta, e sconvolgerne i

moti. E non ti deve stupire a tal riguardo che mentre son tutti gli atomi in moto,

pure ci sembra che stia ferma la somma del tutto in una somma quiete, salvo se

fa qualche cosa col proprio corpo alcun moto. E ciò perché, per natura, molto

lontani son gli atomi dai nostri sensi, e invisibili.

Incontreremo ancora molto spesso questa doppia radice concettuale dell'idea di

conservazione: nulla si crea e nulla si distrugge. Eppure i suoi legami con lo sviluppo e la

formazione dei concetti di lavoro prima e di energia poi furono molto travagliati.